Esercizi di stretching: ecco a cosa servono e come farli correttamente.

Statico o dinamico, prima o dopo l’allenamento, lo stretching è una fonte quasi inesauribile di movimenti da combinare per raggiungere specifici obiettivi. Ma bisogna usarlo bene.

Lo stretching vene spesso considerato una pratica sicura, adatta a tutti e utile sia prima che dopo l’allenamento. Ma siamo davvero certi di conoscere lo stretching e i suoi effetti sull’organismo?

Le raccomandazioni sullo stretching vengono costantemente aggiornate dalle società scientifiche in base alle più recenti scoperte e i dati oggi disponibili, confermano che lo stretching può essere utile in diverse occasioni, se lo si utilizza nel modo corretto.

Secondo i risultati di un sondaggio francese pubblicato ad Aprile 2021 su International Journal of Environmental Research and Public Health, lo stretching è utilizzato soprattutto per raggiungere flessibilità e benessere.

Circa 3 persone su 4 (72,4%) lo eseguono dopo l’allenamento, mentre il 50% circa lo inserisce di routine nel riscaldamento prima di allenarsi.

Un dato importante è che solo il 37,1% di chi fa stretching lo fa sotto supervisione di un trainer, un’abitudine che potrebbe rivelarsi pericolosa in alcuni casi.

Sette sfumature di stretching

Una cosa è certa: non basta dire stretching. Esistono infatti diverse tipologie di stretching, ciascuna con caratteristiche specifiche, che è importante conoscere.

Anche se, a onor del vero, stretching statico e dinamico sono quelli più noti e studiati.

  • STATICO: Consiste nell’allungare (sottoporre a stretching) al
    massimo un muscolo o un gruppo di muscoli e mantenere poi la posizione per
    alcuni secondi (10-90).

    Esempio: Arrivare a toccare la punta dei piedi con le mani, restando poi in posizione.

  • DINAMICO: Prevede il movimento di parti del corpo con l'aumento
    graduale dell’ampiezza e/o della velocità di movimento. Ogni movimento è
    eseguito in modo controllato per raggiungere (senza superarli) i limiti della
    propria personale

    Esempio: Oscillazioni lente e controllate delle gambe o delle braccia, torsioni del busto.

  • PASSIVO: Simile allo stretching statico, ma il corpo è completamente rilassato e la posizione viene mantenuta grazie a un aiuto esterno (un compagno di allenamento o una macchina).

    Esempio: Mantenere una gamba tesa con il tallone appoggiato sul pavimento (si allungano i muscoli posteriori della coscia). “L’aiuto” è dato dal pavimento.

  • ATTIVO: Si assume una posizione e la si mantiene senza nessun altro aiuto se non la forza dei muscoli agonisti.

    Esempio: Sollevare in alto la gamba e mantenerla in posizione estesa solo grazie ai muscoli della gamba stessa.

  • BALISTICO: Prevede movimenti di tipo ritmico e “rimbalzante”, con lo scopo di forzare il movimento stesso verso (e oltre) i limiti massimi del ROM. Non è considerato particolarmente utile e può portare anche a danni muscolari.

    Esempio: “Rimbalzare” ripetutamente verso il basso per cercare di toccare la punta dei piedi.

  • ISOMETRICO: È un tipo di stretching statico che coinvolge la resistenza di gruppi muscolari attraverso contrazioni isometriche dei muscoli sottoposti a stretching.

    Esempio: Un compagno di allenamento mantiene le tue gambe in alto mentre tu cerchi di spingerle giù verso il pavimento.

  • PNF: È una tecnica che combina lo stretching passivo e quello isometrico.

    Esempio: Esistono diverse tecniche, ciascuna delle quali inizia con un allungamento passivo per circa 10 secondi, con contrazione e rilascio del muscolo.

ROM: estensione di movimento (range of motion).


Prima e/o dopo l’allenamento

Quale tipo di stretching utilizzare e quando? La scelta dipende da tanti fattori.

Senza dubbio lo stretching migliora la flessibilità e l’ampiezza dei movimenti e può rappresentare una parte importante del riscaldamento prima di una gara.

Meno chiari sono invece gli effetti dello stretching pre-allenamento sulla prevenzione di eventuali danni muscolari, o sulla riduzione del dolore o dei crampi nei giorni successivi all’attività.

  • Pre-training:
    alcuni studi suggeriscono che lo stretching prima di un allenamento/gara possa portare a una riduzione della performance dei muscoli. Se l’obiettivo è evitare i danni muscolari, un riscaldamento aerobico leggero è meglio dello stretching; se invece si punta ad aumentare il ROM, allora lo stretching è appropriato. Per la maggior parte di chi si allena in modo amatoriale, comunque, lo stretching pre-esercizio è solo questione di gusti.

  • Post-training:
    i dati dicono che lo stretching statico tra due sessioni di allenamento è utile per migliorare potenza e velocità. Meglio farlo quando il muscolo è caldo. Da non trascurare il fatto che lo stretching dopo l’allenamento aiuta anche a calmare respirazione e battito cardiaco e a riportare il sistema nervoso in uno stato di riposo.